L’amigdala svolge un’importante funzione nella complessa e affascinante struttura del nostro cervello. Il nome deriva dal greco (ἀμυγδαλή, amygdalē), ovvero mandorla: la sua forma ovale ricorda infatti quella del frutto. Nonostante le sue piccole dimensioni, l’amigdala gioca un ruolo primario nei processi che regolano la memoria e le emozioni, in particolar modo l’ansia e la paura. Ma come funziona esattamente questo nucleo situato nel lobo temporale del nostro cervello?
L’amigdala e il sistema emozionale del cervello
Spesso quando parliamo del cervello umano tendiamo ad associarlo a tutto ciò che è logico e razionale. Quanto volte abbiamo sentito frasi come “perché non usi il cervello prima di parlare?”. Comunemente è infatti il cuore la regione in cui racchiudiamo simbolicamente la sfera delle emozioni e dei sentimenti. Gli stessi studi neurobiologici in passato si sono concentrati principalmente sugli aspetti cognitivi del cervello, tralasciando quelli emozionali.
Il cervello emotivo
Le emozioni erano considerate un campo troppo soggettivo e aleatorio per poter essere compreso e affrontato scientificamente. Tuttavia, negli ultimi decenni le cose sono cambiate. Diversi contributi, tra cui quello del neuroscienziato Joseph Le Doux, hanno portato al superamento di un modello puramente cognitivo, spianando la strada alle neuroscienze affettive, volte ad indagare il cosiddetto cervello emotivo. Per fare un esempio degli effetti di questo cambio di paradigma, basti pensare all’enorme successo di cui gode ultimamente il concetto di intelligenza emotiva, tale da influenzare l’organizzazione del sistema scolastico e del mondo del lavoro. Quindi, anche le emozioni vengono studiate sulla base dell’interazione tra i diversi segnali che attraversano il cervello. E in quest’ottica una funzione fondamentale è svolta proprio dall’amigdala.
L’amigdala è situata nel sistema limbico, la sede “emotiva” del cervello. Nello specifico fa parte dell’encefalo, zona neurale in cui prevalgono emozioni come la rabbia e la paura, basilari, quanto fondamentali per la sopravvivenza delle specie. Se vogliamo osservarla ancor più da vicino, troviamo l’amigdala nei pressi dell’ippocampo, una struttura che si occupa della formazione dei ricordi relativi alle esperienze più significative a livello biologico. Ed è proprio nell’interazione tra emozioni e memoria che l’amigdala svolge il compito di sentinella nel processamento della paura.
L’amigdala tra apprendimento e memoria emotiva
Per comprendere le funzioni dell’amigdala rispetto al sistema neurologico emozionale, bisogna considerare quest’ultimo come un sistema adattivo, connesso cioè ai meccanismi di sopravvivenza che ci avvertono della presenza di una situazione di pericolo. Alla stregua del sistema cognitivo, il sistema emozionale è strutturato sull’elaborazione e la memorizzazione di un’informazione, e sulla risposta che diamo alla medesima. Tuttavia, il modo in cui il tutto viene processato a livello emozionale si basa su un sistema di emergenza, in cui l’analisi e la risposta devono essere rapide, a costo di risultare piuttosto “grezze”.
Istinto e deduzione
Ledoux che ha focalizzato i suoi studi sul funzionamento dell’amigdala, ci parla infatti di una “doppia via” con cui gli impulsi vengono analizzati dal cervello, arrivando all’amigdala attraverso una via “bassa”, istintiva e un via “alta”, deduttiva. Lo stesso Ledoux riporta un esempio che può facilitare la comprensione del fenomeno: se camminando per un parco scorgiamo una forma curva sul terreno, dapprima la via bassa attiverà una risposta istintiva di attacco-fuga. È forse un serpente? La via alta, che compie un percorso più lungo attivando la corteccia del sistema cognitivo superiore, produrrà invece un’analisi più razionale. No, è soltanto un bastone.
In entrambi i casi, il ruolo dell’amigdala ci mette in allarme rispetto a un possibile pericolo. Attingendo sia dalla memoria della specie sia dalle nostre singole esperienze, l’amigdala si occupa quindi di “archiviare” le emozioni scatenate da un particolare evento.
Una volta memorizzate, in futuro tenderemo a reagire a un evento simile rivivendo letteralmente quelle emozioni. L’amigdala è così artefice di un processo di apprendimento emotivo, connesso ad esempio all’insorgere di eventi traumatici. Un altro esempio? Se camminiamo soli per un vicolo buio, l’amigdala si attiverà inducendoci uno stato d’allerta che ci farà aumentare il passo. Al buio viene infatti associato un pericolo ancestrale. Se in quella strada avviene qualcosa di spiacevole, come un furto ai nostri danni, in futuro, eviteremo di percorrerla, e non solo, l’amigdala ci metterà in allarme quando saremo in prossimità del vicolo. Avremo coso imparato qualcosa a livello puramente emozionale, che avrà un impatto sui nostri processi decisionali.
L’importanza dell’amigdala
Se analizziamo la questione da un punto divista logico-probabilistico, non è detto che in quella strada subiremo un altro furto. E quel bastoncino, in fondo, non era un serpente pronto ad attaccarci. E perché mai dovremmo rivivere concretamente dei traumi attraverso il ripresentarsi di emozioni negative? Addirittura, lo psicologo Daniel Goleman ha coniato la nozione “sequestro dell’amigdala” per indicare situazioni in cui il terrore ci blocca a tal punto da mettere in forse una risposta adeguata alla nostra sopravvivenza. Allora ci si potrebbe chiedere, perché l’amigdala è così importante?
Una vita senza amigdala
Per rispondere a questa domanda, proviamo a immaginarci una vita senza amigdala, o con un’amigdala danneggiata. Anzi, non dobbiamo neanche sforzarci, basta riportare un caso clinico piuttosto discusso, quello di S.M. una donna statunitense affetta da rare lesioni bilaterali all’amigdala, tanto da comprometterne completamente il funzionamento. La vita di S.M. a primo impatto potrebbe sembrarci invidiabile: essendo “priva” di amigdala è priva di paura.
Alcuni ricercatori applicandole dei sensori neurali, hanno eseguito dei test su S.M. facendole vivere esperienze al limite della sopportazione, come entrare in una stanza piena di tarantole e serpenti. La donna non avvertiva alcuna forma di terrore, al contrario tentava d’interagire con i pericolosi animali, provando ad accarezzarli. S.M. non era quindi in grado di comprendere situazioni di estremo pericolo, tant’è che i suoi familiari, per evitare che mettesse a repentaglio la propria vita, preferivano non farla uscire di casa da sola.
Un altro test condotto sulla donna ha dimostrato che la lesione le impediva di riconoscere espressioni facciali non solo legate alla paura ma anche ad altre emozioni. Ciò, oltre a dimostrare l’importanza dell’amigdala nei processi di riconoscimento dei volti, ha portato la psicologa Lisa Feldman Barrett a una conclusione piuttosto interessante: l’amigdala non sarebbe coinvolta soltanto nell’elaborazione della paura, funzionerebbe invece come “una sentinella delle emozioni, sensibile al contesto, che permette di imparare i meccanismi di pericolo e ricompensa”.
Fondamentale per l’evoluzione
Il caso di S.M. oltre ad illustrarci una funzione più ampia dell’amigdala rispetto allo spettro emozionale, ci fa comprendere quanto questa piccola mandorla sia stata ed è fondamentale a livello evolutivo. La paura non è soltanto una pulsione negativa legata all’insorgere di traumi, è invece un efficace sistema d’allarme che permette di difenderci. L’amigdala è il cuore di questo processo, primitivo sì, ma indispensabile nel proteggerci dai peggiori rischi. Insomma, ci può salvare la vita. D’altronde, come afferma Le Doux: “Meglio trattare un bastone come un serpente, che accorgersi troppo tardi che il bastone in realtà è un serpente”.