Sfortunatamente, le relazioni non durano per l’eternità e a tutti, prima o poi, capita di perdere la persona che si ama e sentire dentro di sé un grande vuoto d’amore.
Ci sono milioni di motivi che possono portare alla separazione di una coppia, così come ci sono milioni di modi di reagire e ognuno di noi vive la rottura in maniera diversa, con tanto di sintomi emotivi e addirittura fisici.
Sì, perché il sistema nervoso si attiva per elaborare il dolore, traducendosi in malesseri del corpo come insonnia, emicrania, mal di pancia, perdita dell’appetito e addirittura un dolore toracico costante (il cosiddetto “cuore spezzato”). Inoltre, tristezza, ansia e depressione causano un abbassamento del sistema immunitario, che rende più vulnerabili a infezioni e malattie.
A livello psicologico, la fine di una relazione può causare stress, ansia, depressione e perfino rabbia. A primo impatto, la mente può tentare di reagire facendoci credere che non sia successo nulla, attraverso fenomeni dissociativi e di depersonalizzazione. Si tratta di una risposta difensiva che mira a mantenerci operativi.
Tuttavia, con il passare dei giorni la consapevolezza dell’accaduto prende il sopravvento ed emergono tutti i sintomi del vuoto emotivo lasciato dall’altra persona.
Quali fasi si attraversano?
Premesso che la guarigione da un vuoto d’amore è diversa per ognuno di noi, con tempi che possono variare da poche settimane a più di un anno e sintomi più o meno intensi, le fasi che si vivono sono a tutti gli effetti quelle di un lutto.
Certo, le motivazioni per cui una relazione amorosa finisce possono essere le più disparate. I sentimenti possono essere svaniti da entrambe le parti oppure la rottura può essere unilaterale e potremmo essere stati lasciati (oppure essere noi la parte che decide di porre fine alla coppia).
A volte l’amore non finisce, ma l’altra persona viene effettivamente a mancare e il dolore per la morte del partner o coniuge è sicuramente il più violento.
In ogni caso, possiamo riconoscere una ricorrenza delle fasi che si attraversano.
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Fase della negazione
Lo stesso sistema nervoso centrale ci fa quasi credere che sia tutto un sogno, che la perdita non sia reale. Si tratta della difesa che mette in atto per mantenerci operativi e non essere immediatamente travolti dalla situazione.
Realizzare la verità è il primo passo per elaborare il lutto.
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Fase della rabbia
Affiora il risentimento nei confronti del partner, per quello che ha (o non ha) detto o fatto. A volte la rabbia si manifesta nei confronti del mondo intero e delle altre persone, soprattutto se stiamo affrontando la morte della persona amata.
Per quanto sia importante lasciare fluire la frustrazione, bisogna ricordare di affrontare queste emozioni in modo costruttivo, evitando le reazioni impulsive.
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Fase dell’elaborazione
Si comincia a riflettere su ciò che è accaduto. Si cercano le motivazioni dietro le azioni, cosa sarebbe potuto andare diversamente e quali sono le ragioni che stanno dietro la separazione.
Ancora una volta, elaborare la perdita di una persona che non c’è più è certamente più complicato, ma necessario per raggiungere l’accettazione del lutto.
In questa fase, iniziamo anche ad analizzare quelle che sono state le nostre reazioni, il che può essere utile per renderci più consapevoli dei nostri bisogni emotivi.
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Fase della depressione
Si manifesta la vera tristezza, il dolore causato dal vuoto d’amore lasciato da chi non è più al nostro fianco.
È il momento di cercare un supporto per superare l’accaduto, rivolgendosi a parenti e amici per superare il senso di solitudine. Si può anche pensare di iniziare un percorso di psicoterapia.
Adesso è il momento di piangere: lasciare fluire le lacrime è terapeutico.
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Fase dell’accettazione
Si riconosce la fine della relazione e la si accetta, così come si accettano il destino e la vita se il partner è venuto a mancare.
Con la fase di accettazione si possono trarre insegnamenti riguardo i nostri bisogni e la nostra emotività. Cerchiamo di instaurare nuove abitudini, per distaccarci dal passato e portarci a una crescita personale.
Arriviamo a guardare nuovamente al futuro con speranza e positività e, ricominciando a socializzare, apriremo le porte a nuove relazioni. Alla fine torneremo ad innamorarci.
Quando è già presente una dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva o love addiction è uno dei nuovi disturbi del comportamento che si stanno affermando negli ultimi tempi (insieme ad altre dipendenze, come quella da internet, dal lavoro o dallo shopping compulsivo).
La love addiction porta a un attaccamento eccessivo nei confronti del partner, fino ad una vera e propria sindrome da astinenza quando non è al nostro fianco. La persona vive una costante paura di essere abbandonata, con un’incessante necessità di controllare l’altro.
Alla base di questo comportamento c’è un senso di inadeguatezza e la mancanza di indipendenza. La persona love addicted non vede se stessa come un individuo completo, però dobbiamo ricordarci che l’equazione non è ½+½=1, ma 1+1=2. Ed essere 1 è più che sufficiente.
Ovviamente la dipendenza affettiva viene esasperata nel momento in cui la relazione finisce, traducendosi in comportamenti che possono sfociare nel patologico, come una ricerca costante dell’ex, nella vita reale o online, o la spasmodica necessità di trovare un nuovo partner.
Il supporto emotivo e psicologico di cui necessita chi soffre di love addiction è ancora maggiore nel momento della rottura (anzi, in realtà dovrebbe essere affrontato ancora prima) e deve essere orientato a creare un senso di indipendenza e di benessere con se stessi.
Come riempire il vuoto d’amore?
Superate le fasi del lutto, cosa colmerà il vuoto lasciato dalla persona amata?
Forse sarebbe meglio domandarsi chi lo colmerà: noi stessi.
Il modo più sano per uscire dalla fine di una relazione è trovare nuove motivazioni dentro di sé, lavorare sulla crescita personale e anche accettare che in parte potremmo essere stati la causa della rottura.
Le amicizie e gli affetti possono aiutarci a trovare nuove fonti di ispirazione e a guardare al futuro con ottimismo.
Può sempre essere utile pensare di rivolgersi a uno psicologo, che potrà guidarci nelle fasi di elaborazione dell’accaduto e raggiungere l’accettazione.
Infine, bisogna sempre ricordare il nostro valore in quanto persone, che siamo individui singoli, indipendenti e autosufficienti. Certo, condividere, dare e ricevere amore è stupendo, ma non indispensabile per sentirci completi. Magari per un certo periodo può farci bene vivere da single.
Ti è mai capitato di provare la sensazione di un vuoto d’amore?
Racconta nei commenti come lo hai superato o aiuta qualcuno che lo sta vivendo in questo momento, condividendo l’articolo.
Articolo di Giada Clò