Molto spesso usiamo la parola malinconia per descrivere uno stato d’animo, dando a questo sentimento un’accezione prevalentemente negativa. Una sorta di tristezza caratterizzata anche da un pizzico di nostalgia nei confronti di qualcosa di bello che ci faceva stare bene e che probabilmente adesso non c’è più.
Se per il mondo che ti circonda sei una persona malinconica puoi apparire come avvolta da un velo di tristezza, anche inconsapevole. Una persona che preferisce rifugiarsi in se stessa e vivere passivamente in disparte, adattandosi e senza prendere mai iniziative che potrebbero dare una svolta alla propria vita.
Che cos’è e da dove nasce?
Il termine deriva dal latino melancholĭache a sua volta viene dal greco μελαγχολία, composto da «nero» «bile», quindi bile nera. Secondo la medicina ippocratica era uno dei quattro umori (umor nero appunto) che costituivano la natura del corpo umano e ne determinavano l’equilibrio organico. Quando questo umore sovrastava tutti gli altri allora si facevano sogni paurosi e tristi.
Una volta abbandonata la teoria dei quattro umori il termine ha comunque mantenuto il significato originale: si utilizzava per indicare uno stato d’animo tetro, depresso e accidioso ma anche meditativo e contemplativo, sia occasionale che abituale.
Nel linguaggio medico attuale il termine è stato sostituito dai più diffusi melancolia o melanconia per descrivere uno stato psichico caratterizzato da un’alterazione patologica del tono dell’umore, con un’immotivata tristezza, talvolta accompagnata da ansia.
Si può trasformare in un sentimento positivo?
A differenza di nostalgia, depressione e frustrazione, questo sentimento può anche non essere indirizzato verso una specifica situazione e capita che nasca e si sviluppi come un tratto della personalità. Talvolta va di pari passo con il desiderio di qualcosa che non si è mai avuto ma del quale si sente la mancanza in un modo così forte da provocarci del dolore.
È possibile trasformarla in una pulsione positiva? Assolutamente sì, soprattutto se cerchiamo di utilizzarla per generare creatività. In questi casi si può parlare anche di spleen, uno stato d’animo contraddistinto proprio da malinconia, insoddisfazione, noia e senza una ragione precisa che lo provochi, caratteristico di molti scrittori romantici e decadenti.
Canzoni malinconiche
Sempre lei, se intesa anche come stimolo per riflettere e guardarsi dentro, è il tema di moltissime canzoni pop. Quale modo migliore per crogiolarsi nelle proprie “sofferenze” e coccolarsi se non ascoltando della buona musica?
Quali sono le canzoni che ascoltati maggiormente quando sei malinconico? Io ne ho scelte cinque:
Luca Carboni in Malinconia invita chi lo ascolta a non scambiare il sentimento per tristezza. Nonostante la sensazione di dolore sofferenza, ci tiene a precisare che si tratta di un qualcosa di passeggero e necessario. “Sembra quasi la felicità”.
Gazzelle con Zucchero filato rappresenta al meglio questo sentimento, sottolineando l’importanza del ricordo, concetto ripetuto insistentemente nel corso della canzone, nel tentativo di evocare un’adolescenza ormai passata fatta di amici, gelati ed “umori difettosi”.
In A parte te, Ermal Meta ricorda con sentimenti nostalgici qualcuno che ha fatto parte della sua vita e che ora non è più presente, ma lo fa lasciandosi andare a sentimenti positivi: “e se fossi ancora qui con me, ti farei vedere io, che la lezione d’amore che mi hai insegnato l’ho imparata bene”.
Totalmente diverso lo spirito di Caparezza in Goodbye Malinconia: qui il rapper utilizza la metafora di una terra chiamata “Malincònia”, la quale da una parte è uno stato d’animo e dall’altra è uno Stato, inteso come entità giuridica.
Blue Monday: Il giorno più malinconico dell’anno
Esiste una giornata universalmente più malinconica di tutte le altre? Secondo alcuni studi sembra proprio di sì. Si chiama Blue Monday (“lunedì triste”) e la data viene generalmente fatta coincidere con il terzo lunedì del mese di gennaio, ma può anche variare. Questa ricorrenza in alcuni paesi viene presa con grande considerazione. Nel Regno Unito per esempio capita che parte della popolazione in questo giorno ne approfitti per mettersi in ferie, dedicandosi ad attività in grado di sconfiggere la tristezza.
Alcuni esperti legali lo hanno definito il “lunedì del divorzio”, notando che durante il mese di gennaio viene intrapreso il maggior numero di procedimenti per il divorzio rispetto agli altri mesi dell’anno.
L’origine risale a un’idea della compagnia di viaggi Sky Travel, che nel 2005 lanciò una campagna per “convincere” i propri clienti che l’eventuale tristezza provata potesse avere un fondamento scientifico e che per combatterla la scelta migliore sarebbe stata prenotare una vacanza. In seguito il concetto è stato ripetutamente usato da tante altre compagnie per scopi pubblicitari ed è arrivato in tendenza su numerosi social media.
Una teoria con basi “scientifiche”
A teorizzare il tutto è stato lo psicologo Cliff Arnall dell’Università di Cardiff, con un articolo apparso sul The Guardian il 24 gennaio 2005.
Arnall dichiarò di aver individuato la data grazie alla messa a punto di una elaborata equazione. Questa teneva conto di tanti fattori e variabili, tra cui: le condizioni meteo, i soldi spesi per Natale, i sensi di colpa e il calo motivazionale dopo le feste.
La malinconia che affligge il genere umano durante il periodo invernale è nella fase più intensa proprio in questo periodo dell’anno. La teoria è tanto sostenuta quanto demonizzata nell’ambiente scientifico ma fa comunque parlare moltissimo.
Cliff Arnall ha pensatopoi di individuare anche il giorno più felice dell’anno. L’Happiest Day of the Year che cade sempre nel solstizio d’estate, tra il 21 e il 24 giugno. La formula include vari parametri tra cui il trascorrere del tempo all’aria aperta, l’interazione sociale, i ricordi d’infanzia delle vacanze estive e la temperatura.
Il segreto? Non farsi sopraffare!
In conclusione: crogiolarsi nella sofferenza e invocarla è sbagliato. Ma soffrire fa parte della vita ed evitarlo è impossibile. Dobbiamo imparare a farlo nel “modo” giusto, trasformando i nostri sentimenti malinconici in arte e creatività senza soffocare ciò che di più profondo esiste in noi e cerca di farsi spazio.
Dobbiamo essere noi stessi fino in fondo e quindi vivere appieno anche la nostra malinconia senza farci sopraffare.